La presenza di sostanze cancerogene nei pesci di consumo comune è una questione che preoccupa sempre di più sia i consumatori che le autorità sanitarie, soprattutto in relazione all’inquinamento ambientale e alle pratiche di allevamento intensivo. Diversi studi e analisi degli ultimi anni hanno evidenziato come alcune specie siano particolarmente soggette ad accumulare sostanze tossiche, con potenziali effetti negativi sulla salute umana. È essenziale conoscere quali sono questi pesci, le motivazioni che rendono rischioso il loro consumo abituale e in che modo prevenire problematiche legate all’alimentazione.
I contaminanti principali: mercurio, arsenico, diossine e PFAS
Mercurio e arsenico sono metalli pesanti considerati tra i più pericolosi agenti cancerogeni che si possono trovare nei pesci di grandi dimensioni pescati soprattutto nei mari italiani. In particolare, nei pressi delle coste tirreniche calabresi sono stati documentati casi di tonni contaminati sia da policlorobifenili (PCB) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA), sia da concentrazioni anomale di mercurio e arsenico, rilevate da controlli effettuati dall’Istituto zooprofilattico di Napoli. Queste sostanze tossiche, oltre a essere ritenute a rischio cancerogeno, rappresentano una minaccia latente visto che possono accumularsi nei tessuti dei pesci e, conseguentemente, essere ingerite dall’uomo attraverso la dieta quotidiana.
Un altro rischio significativo è rappresentato dalle diossine, residui tossici derivanti soprattutto da combustioni industriali e presenti in percentuali elevate nei molluschi delle lagune o nei grandi pesci oceanici. Studi condotti nella zona del veneziano hanno dimostrato che il consumo frequente di pesce ad alto contenuto di diossina può esporre a danni gravissimi per la salute, con effetti di lunga durata dovuti soprattutto alla capacità di queste molecole di accumularsi nel tessuto adiposo sia umano che animale.
I PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) rappresentano infine una minaccia emergente, in quanto sono stati trovati livelli oltre la soglia di sicurezza in circa il 33% dei laghi italiani analizzati. Queste sostanze, usate per scopi industriali, si accumulano nella catena alimentare mettendo a rischio soprattutto chi consuma pesce pescato in acque interne contaminate.
Le specie di pesce più a rischio da evitare
In base ai dati disponibili e alle analisi condotte su campioni provenienti da diversi bacini acquatici, le autorità e gli esperti raccomandano di limitare o evitare il consumo delle seguenti specie di pesce comuni:
- Tonno rosso: Vive a lungo e arriva a grandi dimensioni, condizioni che favoriscono l’accumulo di mercurio e altri contaminanti nei tessuti. Consumare in modo frequente questa specie può comportare rischi seri soprattutto per bambini e donne in gravidanza.
- Pesce spada: Anch’esso predatore di grandi dimensioni, è tra i pesci che presentano i più elevati livelli di mercurio tra quelli analizzati sulle coste italiane e nel Mediterraneo.
- Sgombro reale e grandi sgombri: Pur vantando ottime qualità nutrizionali, questi pesci tendono ad accumulare alti livelli di mercurio. Il consumo ripetuto nel tempo può dunque rappresentare un rischio specialmente per le fasce più vulnerabili della popolazione.
- Pangasio: Specie allevata principalmente nel Sud-Est asiatico, la sua provenienza da allevamenti intensivi lo rende particolarmente suscettibile a contaminazioni da antibiotici, pesticidi e altre sostanze chimiche tossiche. Gli stessi allevamenti contribuiscono inoltre all’inquinamento delle acque locali.
- Molluschi delle lagune: Molluschi pescati in zone vietate o in aree contaminate, soprattutto in prossimità di impianti industriali, sono spesso esposti a concentrazioni pericolose di diossina e altri residui tossici.
Origine dell’inquinamento e pericoli per l’uomo
L’accumulo di sostanze cancerogene nei pesci dipende in larga parte dall’inquinamento dei mari, fiumi e laghi dove gli animali vivono e si nutrono. Le fonti principali di contaminanti sono:
- Scarichi industriali e agricoli, che rilasciano metalli pesanti, pesticidi e PFAS nell’ambiente acquatico.
- Residui di combustione di materiali organici e industriali, che emettono diossine e altri composti tossici che possono depositarsi nei sedimenti marini.
- Allevamenti intensivi, in cui il sovraffollamento e l’uso eccessivo di farmaci veterinari e sostanze chimiche portano al rischio di residui biologicamente attivi nei prodotti ittici.
- Contaminazione radioattiva, documentata in alcune aree del Tirreno, il cui rischio effettivo per la salute umana è ancora oggetto di approfondite indagini.
L’assunzione regolare di questi contaminanti può determinare nel tempo processi cancerogeni, alterazioni neurologiche, danni al sistema immunitario e altre patologie croniche. Il mercurio, ad esempio, agisce come neurotossico, mentre l’arsenico e le diossine sono riconosciuti cancerogeni dalla comunità scientifica internazionale.
Come proteggere la salute nella scelta dei pesci
Nonostante le evidenze relative alla contaminazione di alcune specie, è possibile adottare strategie efficaci per limitare i rischi senza rinunciare ai benefici di una dieta ricca di pesce. Ecco alcuni consigli utili:
- Preferire specie di piccola taglia, che accumulano meno contaminanti rispetto ai grandi predatori.
- Acquistare pesce con tracciabilità garantita e proveniente da zone non contaminate, facendo riferimento alle indicazioni ufficiali di enti preposti.
- Consumare pesce di allevamento certificato, tenendo conto però delle criticità relative all’uso di farmaci e sostanze chimiche nei paesi a scarsa regolamentazione.
- Limitare il consumo di pesce potenzialmente contaminato da mercurio e diossina a una o due volte al mese, variando il più possibile le specie nella dieta.
- Informarsi tramite fonti attendibili sulle condizioni delle acque locali prima di consumare pesce pescato in acque dolci.
È utile anche ricordare che la cottura non elimina la presenza di metalli pesanti come mercurio e arsenico, né delle diossine che tendono a concentrarsi nelle parti grasse dell’animale.
La questione ambientale e la sostenibilità
La presenza di sostanze cancerogene nei pesci è anche una manifestazione dell’impatto dell’attività umana sull’ambiente acquatico. Un consumo più consapevole, l’adozione di pratiche di pesca responsabile e la promozione di sostenibilità nella gestione delle risorse ittiche rappresentano elementi fondamentali sia per la tutela della salute collettiva sia per la protezione della biodiversità marina.
Contrastare i rischi legati ai contaminanti nei pesci richiede quindi azioni coordinate su più livelli: dai controlli rigorosi sul pescato nei mercati alla riduzione delle fonti di inquinamento industriale, passando per una sempre maggiore sensibilizzazione dei consumatori sui rischi e sulle corrette modalità di acquisto e consumo del pesce. Solo in questo modo sarà possibile mantenere il pesce come elemento importante di una dieta equilibrata, senza esporre la popolazione a rischi evitabili.